Mappamondo di Papa Giovanni XXIII restaurato con la carta di Corea "HANJI"



Il mio articolo sul restauro del Globo del Papa Giovanni XXIII è pubblicato su S Magazine.

http://www.fondazionepapagiovannixxiii.it/2016/05/25/mappamondo-san-giovanni-xxiii/

Nel dicembre 1958, appena sei settimane dopo la sua elezione, papa Giovanni XXIII ricevette in udienza mons. Pietro Sigismondi, segretario della Congregazione Propaganda Fide. Si parlò delle nuove diocesi costituite in terra di missione: per indicare i loro confini, mons. Sigismondi si servì di un Atlante appena pubblicato, curato da padre Heinrich Emmerich (1901-1984) e da altri Padri Verbiti. Sfogliando l’enorme atlante, Papa Giovanni chiese se ci fosse qualcosa di simile anche per il resto del mondo: desiderava infatti conoscere la posizione di tutte le diocesi della Chiesa cattolica. E avanzò l’idea di un grande mappamondo da collocare nel suo studio privato, al quale potersi riferire soprattutto in occasione delle numerose visite di vescovi, prelati e capi di Stato da tutto il mondo.
Si presero subito contatti con il Procuratore Generale dei Verbiti, chiedendo di affidare l’incarico a padre Emmerich. All’inizio le difficoltà tecniche sembravano insormontabili; ma mons. Sigismondi disse: «Quando il Santo Padre vuole qualcosa, non si dice mai “impossibile!”». Così i padri Verbiti si misero al lavoro. Fu preso a modello un enorme globo in plexiglass esposto nella Biblioteca Nazionale di Vienna, dal diametro di 120 cm e alto 180 cm, illuminato dall’interno con luce al neon e ruotante per mezzo di un motore elettrico.
Padre Emmerich preparò una mappa con le diocesi e le altre circoscrizioni ecclesiastiche di tutto il mondo. Per ciascuna indicava il nome, la sede, la dignità, la Congregazione romana dalla quale dipendeva e il rito di appartenenza (latino, alessandrino, antiocheno, bizantino, caldeo o armeno). La stampa di queste informazioni in rosso e nero fu sovrapposta alla carta geopolitica multicolore. Ci vollero 18 mesi per completare un’opera unica al mondo, ricchissima di informazioni.
Il 1 giugno 1960, padre Emmerich partì da Monaco di Baviera con il furgone che doveva trasportare a Roma il mappamondo finito, in due pezzi. Montato per una prova nella casa generalizia dei Verbiti, dove era giunto il 5 giugno, l’opera fu mostrata a mons. Sigismondi che si dichiarò molto soddisfatto. Venne collocato negli appartamenti pontifici, in una piccola sala per le udienze private, adiacente la biblioteca privata del Papa. Qui il 21 giugno Giovanni XXIII ricevette in udienza il Padre Generale dei Verbiti e altri membri dell’Istituto, tra i quali padre Emmerich.
All’ingresso del Papa nella sala il mappamondo fu acceso e fatto ruotare sul proprio asse. Dopo il bacio dell’anello e qualche parola di circostanza, il Santo Padre si diresse verso il mappamondo e iniziò a esaminarlo con attenzione, cercandovi varie circoscrizioni ecclesiastiche. Benché non fosse riuscito a indicare tutte le 277 diocesi italiane per l’esiguità dello spazio, padre Emmerich in via eccezionale aveva però indicato la diocesi di Bergamo, dove era nato Giovanni XXIII, e Sotto il Monte, ormai famoso in tutto il mondo. Spiegò così la sua scelta: «Quando la gente guarda il mappamondo cerca anzitutto la propria diocesi e il proprio paese d’origine. Non potevo deludere il Papa!». Infatti papa Giovanni cercò subito la diocesi di Bergamo e Sotto il Monte. Poi tracciò città per città l’itinerario che nel 1950 aveva fatto nell’Africa del nord, come Nunzio in Francia.
Papa Giovanni espresse ripetutamente la propria soddisfazione per il bellissimo dono. Nel pomeriggio Radio Vaticana diede la notizia del mappamondo in sette lingue: tedesco, italiano, spagnolo, francese, inglese, portoghese e polacco. Anche la stampa divulgò la notizia. Due giorni il mappamondo fu smontato e trasferito nella biblioteca privata del Papa. Nei mesi successivi egli diceva a quanti riceveva in udienza: «Ora non ho problemi a trovare il paese da cui voi provenite, perché nel mio studio ho un enorme globo che indica tutte le diocesi del mondo».
Dopo la morte di papa Giovanni, il suo segretario mons. Loris Capovilla fece in modo che il mappamondo venisse trasferito a Ca’ Maitino, la casa – già dimora di mons. Angelo Roncalli – dove le Suore delle Poverelle custodiscono da oltre mezzo secolo i preziosi ricordi del Pontefice bergamasco. Le stesse suore, in collaborazione con la Fondazione Papa Giovanni XXIII, hanno promosso il restauro del mappamondo con l’aiuto di generosi benefattori.
Significato del mappamondo
Oltre che a tutelare un bene artistico di grande valore, il restauro del mappamondo consente di cogliere dimensioni importanti della figura spirituale e del magistero di papa Giovanni XXIII: la sua apertura missionaria, il suo desiderio di annunciare il Vangelo a tutte le genti, la sua sollecitudine per le Chiese sparse in tutto il mondo, anche in terre lontane, in quelle “periferie” così care a papa Francesco.
Egli scrisse sulla sua agenda: «25 giugno 1960, sabato. Oggi fu installato il gran mappamondo, regalatomi dai Padri del Verbo Divino. Sta bene nella biblioteca del Papa la visione del mondo religioso. Totus mundus post eum abiit [“Tutto il mondo gli andò dietro”]. Fosse vero. Che il Signore ci aiuti a ingrandire il suo regno. Questo è l’anelito del cuore del Papa. Almeno possa io dire che quanto era da me tutto fu fatto secondo questa sublime idealità, “Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare, et infideles universos ad Evangeli lumen perducere digneris: te rogamus, audi nos” [“Perché il Signore si degni di richiamare tutti gli erranti all’unità della Chiesa e di ricondurre gli infedeli alla luce del Vangelo: ti preghiamo, ascoltaci!”]».
Anche grazie alla sua esperienza di vita, che in qualità di diplomatico lo aveva portato lontano dalla sua terra, papa Giovanni XXIII comprende sempre più di essere «pater universalis», padre di tutti; di essere investito di una missione che va ben oltre i confini di una città o di una nazione. Lo dichiarava lui stesso: «La Provvidenza mi trasse dal mio villaggio nativo, e mi fece percorrere le vie del mondo in Oriente e in Occidente, accostandomi a gente di religioni e di ideologie diverse…, sempre preoccupato più di ciò che unisce che non di quello che separa e suscita contrasti». Questo mappamondo è prezioso perché ci ricorda non solo le molte frontiere varcate da Roncalli, ma anche il suo desiderio di costruire ponti e di una Chiesa capace di abbracciare uomini e donne di ogni cultura, recando loro la bella notizia del Vangelo di Gesù.
don Ezio Bolis
Direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII

Post più popolari